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Se di Bibbiano non parlano gli altri parliamone noi

Aggiornamento: 31 lug 2019

Se la vita di un bambino fa poco scalpore nell’epoca dell’informazione di massa.


È il 27 giugno 2019 quando viene resa pubblica l’inchiesta denominata “Angeli e Demoni”. Quel giorno, almeno per un attimo, il cuore di noi tutti avrebbe dovuto fermarsi. Eppure, quel giorno, la notizia non era stata ben compresa. Quel giorno il telegiornale ne ha parlato come se fosse una notizia come le altre. Giusto un attimo di attenzione e poi subito avanti. Di cosa si parlava quel giorno? Degli ennesimi litigi del governo? Di un altro sbarco prontamente e fintamente fermato, salvo poi permettere l’approdo da dietro le quinte dopo lo scalpore ottenuto? Cos’altro? Il caldo che non si sopporta più e questa che, anche quest’anno, è l’estate più calda, come gli ultimi dieci anni? Non le ricordiamo. O forse le ricordiamo tutte, senza distinzione. Dovrebbe farci orrore solo dirlo. Dovrebbe farne a tutti.

È passato circa un mese e di Bibbiano ne abbiamo sentito parlare troppo poco. Camminiamo per strada e ancora c’è gente che non sa cosa sia accaduto. Non sentiamo parlare di Bibbiano. Sentiamo parlare di tutto, sentiamo parlare tanto. Ma non di Bibbiano.

Ma cos’è successo a Bibbiano? Di quale inchiesta si tratta? Siamo in Emilia Romagna e qui, proprio a Bibbiano, vi è il cuore di questa storia. Triste. Pesante. Indegna per chiunque si professi umano. Il soggetto? I bambini. I bambini in Italia sono stati, e continuano ad essere, un business. Non tutti riescono facilmente ad accettarlo né ad ammetterlo. Perché moralisti come siamo, noi italiani, proviamo difficoltà ad immaginare che si possa lucrare su chi non può difendersi. Difficile accettare che bambini possano essere considerati al pari di un oggetto, di una merce da scambiare, consegnare, usare.

Affidamenti illeciti di minori” così titolavano i giornali il 27 giugno. 16 gli arresti iniziali, 26 i nomi inseriti nel registro degli indagati.

È la fine dell’estate 2018 quando iniziano le indagini, a seguito di un numero eccessivo di denunce presentate dagli assistenti sociali su abusi sessuali e violenze commesse dai genitori dei bambini. Questo è il punto centrale dell’inchiesta: bambini sottratti ai genitori anche quando ciò non era necessario. Forse si trattava di famiglie che stavano attraversando un momento di difficoltà, forse andavano aiutate, supportate, protette. E invece no.

Ecco quindi che scattavano denunce false. Le famiglie venivano descritte come non idonee. E il minore, da prassi, veniva allontanato. Anche se non era necessario, probabilmente. Anche se i genitori descritti dagli assistenti sociali nemmeno esistevano. Loro non erano quelli scritti sulle carte.

E se già il dolore di un genitore che si vede strappato un figlio è qualcosa di atroce, diventa ancora più insostenibile se aggiungiamo il dolore dei bambini. Che probabilmente stavano bene, che erano amati, che chiedevano solo di restare a casa. Con mamma e papà.


Non è un tentativo di generalizzazione: ci sono realtà familiari pesanti e complesse. Spesso non tutte le famiglie sono famiglie modello. Ci sono mamme da sole, che fanno anche da papà. E ci sono papà che possono fare anche da mamme. Ma sono pur sempre genitori. Amano i loro figli. E si vede, si sente quando un bambino sta bene. Perché i bambini sono spontanei, non sanno mentire, vanno istintivamente da chi amano e da chi li tratta come i bambini dovrebbero sempre essere trattati. Proprio per questo le audizioni, i colloqui tra assistenti sociali e bambini, venivano pilotati. I bambini venivano sottoposti a lavaggi del cervello. Magari erano costretti a mentire sotto minaccia di poter rivedere soltanto in quel modo i loro genitori. O magari si cercava di fornirgli percezioni distorte, ricordi sbiaditi e manomessi. E ancora, disegni falsificati e relazioni finali propriamente inventate. E quando ciò non bastava si ricorreva a metodi ancora più forti, impulsi elettrici per l’appunto. Presentati ai bambini come macchine dei ricordi, indispensabili per il loro bene. E quando finalmente i bambini venivano definitivamente sottratti alle loro famiglie, ecco che potevano scattare le nuove adozioni. Agli amici degli amici. A gente scelta a tavolino, e non certo con l’intenzione di dare l’amore necessario a quei bambini. Sotto compenso di denaro. Il male di tutti i secoli, il denaro.


Come riuscivano gli assistenti sociali a fare tutto questo? Non agivano da soli. Perché si sa che i lavori più proficui sono sempre il risultato di una squadra. E allora eccoli tutti insieme: avvocati, autorità giudiziaria minorile, medici, psicologi, psicoterapeuti e perfino il sindaco aveva probabilmente il suo ruolo, per rendere possibili alcune prassi burocratico-amministrative. Insomma occultare, insabbiare, abusare del proprio potere (da qui il termine “abuso d’ufficio"). Un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro. Tutto faceva capo alla Onlus Hansel e Gretel di Torino.


Urla feroci, comportamenti aggressivi, parolacce, minacce, famiglie affidatarie totalmente inadeguate. Questo e molto altro era riservato ai bambini. Bambini che non dimenticheranno. Bambini a cui è stata negata la possibilità di stare con chi amavano. Bambini confusi. Quanti sono i danni? Fisici? Psicologici? Morali? Chi può quantificarli?

E mentre adesso si revocano ordini di allontanamento dalle famiglie d’origine, mentre alcuni dei bambini stanno piano piano tornando dai loro genitori, mentre si compie un primo passo istituendo una “Squadra speciale di giustizia per la protezione dei bambini”, fermiamoci un attimo. Fermiamoci tutti. Non andiamo avanti come se nulla fosse. Non adesso. Non per sostituirci alla magistratura, tocca a loro portare avanti le indagini ed emettere sentenze. Ma il silenzio no. La propaganda politica nemmeno. Il dimenticatoio deve essere lontano.

Non è una notizia che può già essere dimenticata. Perché Bibbiano non è “roba di altri”. Bibbiano non può non riguardarci. Oggi è stato Bibbiano, domani avrà un altro nome e poi un altro ancora. Noi abbiamo deciso di parlarne, e ne riparleremo ancora. Le cose non possono interessarci solo quando ci toccano in prima persona. Quei figli potrebbero essere i nostri. Bibbiano siamo tutti noi. Con la nostra omertà e il nostro silenzio. Bibbiano è la politica che ne approfitta per speculare. Bibbiano sono i mezzi di comunicazione che non fanno rumore, non abbastanza. E noi? Da che parte vogliamo stare? Noi il rumore lo dobbiamo pretendere, affinché l’attenzione resti alta. Affinché Bibbiano non si verifichi più.

Oggi e domani, senza colore politico, senza pregiudizi, senza timori. Se di Bibbiano non parlano gli altri parliamone noi.



Giulia Tolace

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