Dal 19 luglio 1992 ad oggi: la desecretazione
- Giulia Tolace
- 20 lug 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Il 19 luglio è il giorno in cui, più di ogni altro, chiunque si professa dalla parte dell'antimafia e glorifica uno tra i giudici più importanti che l’Italia abbia avuto: Paolo Borsellino. Le commemorazioni sono copiose, tutti cercano di recarsi in Via D’Amelio, nel luogo dove si verificò la strage. Il tempo di una foto, la testa bassa al minuto di silenzio, qualche parola con i giornalisti e poi via. Il dovere è stato fatto.
Dal giorno dopo si può riprendere il silenzio, lo sguardo altrove, la testa voltata e le poche parole spese, le promesse non rispettate e i pochi fatti compiuti.
Dal giorno dopo del 19 luglio sembra quasi che nulla sia accaduto, e pochi sono quelli che invece continuano a portare avanti la battaglia per la verità. Come se il 19 luglio fosse tutti i giorni e non un giorno solo. Gli stessi figli di Paolo Borsellino hanno più volte detto basta con le parate, le commemorazioni, le sceneggiate.
Quale Stato dovrebbe meritare un posto in Via D’Amelio il 19 luglio? Quale Stato? Quello che abbandonò il giudice Borsellino, e molti altri? Quello che, come dice la prima sentenza sulla Trattativa Stato-Mafia, prese accordi, si piegò al cancro di questo Paese? Quale Stato? Quello che per 27 anni ha continuato ad occultare, depistare, perdere tempo? Mentre la verità se ne stava chissà dove, in silenzio insieme a chissà chi.
E allora ecco che la frase simbolo scelta quest’anno dal Movimento delle Agende Rosse per il 19 luglio sembra essere perfetta: “Io c’ero e ci sarò… Tu ci sei Stato?”
Quest’anno, però, lo Stato forse ha fatto un passo in più. Non parole, non sfilate istituzionali, ma un fatto. O almeno un primo passo, o almeno qualcosa.
Piano piano, si è lavorato in silenzio fino ad arrivare al 16 luglio 2019. Pochi giorni fa, infatti, si è tenuta una conferenza dal titolo “Antimafia trasparente. Gli atti della commissione dal 1963 ad oggi, accessibili a tutti”, nella sala Nassirya di Palazzo Madama a Roma. Qui, il Presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, ha annunciato qualcosa che in questi anni non era mai avvenuta: la desecretazione di numerosi documenti contenuti nell’archivio della Commissione Antimafia.

Si parla di carte di 50 anni di lavoro che la Commissione Antimafia ha svolto. La desecretazione riguarda documenti dal 2001 a ritroso (oltre 1600 documenti), fino ad arrivare a desecretare atti del ‘63 dove ci fu la prima fugace commissione, e anche documenti che risalgono addirittura a prima della costituzione della commissione stessa. Il Presidente Morra ha definito questa una “Democratizzazione del sapere”, con documenti che potranno essere fruiti e resi disponibili a chiunque abbia sete di verità, studio, giustizia. Inoltre, tutto questo lavoro cartaceo verrà pian piano reso disponibile online attraverso un lavoro di digitalizzazione. Il materiale sarà fruibile sul nuovo sito istituzione della Commissione Antimafia. Il sito, antimafia. parlamento. it, sarà l’unico portale in cui si potrà accedere a tutti questi documenti. L’operazione sarà piuttosto semplice, sarà sufficiente utilizzare il motore di ricerca previsto. Il Presidente Nicola Morra ha tenuto a specificare che la maggior parte di questo materiale era già pubblico ma sparpagliato in vari siti di Camera e Senato. E, quando tutto è confuso, disordinato, e non sai dove trovarlo è come se in realtà non fosse accessibile.
Inoltre, a questi documenti già pubblici ci sono delle aggiunte, tenute secretate con il cosiddetto “segreto funzionale”.
Il primo documento reso fruibile, proprio in concomitanza con il 19 luglio, è stato un audio in cui è possibile ascoltare la voce di Paolo Borsellino. Quest’audio, mai pubblicato prima, rappresenta un inedito documento del magistrato. Borsellino dice: "Buona parte di noi non può essere accompagnata in ufficio di pomeriggio da macchine blindate - come avviene la mattina - perché di pomeriggio è disponibile solo una macchina blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi. Pertanto, io sistematicamente il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà utilizzando la mia automobile; però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere, poi, libero di essere ucciso la sera”. Con quest’audio è stato possibile ascoltare una confessione amara, seppur pronunciata in chiave quasi ironica, verso uno Stato che aveva già deciso di abbandonare i magistrati che hanno dato la vita per noi e per il nostro Paese.

Noi ci auguriamo che questo gesto, che la Commissione Antimafia ha deciso di compiere, sia solo il primo di una lunga serie di operazioni che possano far luce su quanto ancora risulta oscuro.
Speriamo quindi che il lavoro svolto dalle precedenti commissioni, e adesso reso accessibile, possa con il tempo aiutare a ricostruire una verità lunga più di 27 anni che, come un puzzle che ha smarrito i suoi pezzi più importanti, aspetta soltanto di essere completata.
Giulia Tolace
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