Allarme attentato Gratteri: rompere l'indifferenza del passato
- Giulia Tolace
- 23 gen 2020
- Tempo di lettura: 3 min
La mafia non dimentica. Questa è la frase-minaccia a cui la mafia ci ha abituati ogni volta che un'ennesima vittima ha perso la vita. Eroi, definiti da molti. Un termine usato spesso come alibi alle responsabilità di ognuno di noi. Eroi per lo più da morti, quando invece è da vivi che andrebbero considerati tali.
Eppure, se solo ci riflettessimo, quel lavoro non dovrebbe essere definito né eroico né essere svolto da pochi. Perchè, se solo ognuno di noi svolgesse il proprio dovere, forse quel lavoro verrebbe considerato come la normalità. Chi combatte la mafia fa un lavoro che ci sembra quasi d'obbligo che tocchi farlo a lui, perchè è il suo mestiere, l'ha scelto e ne ha le competenze per farlo. Ma questo non significa che a noi non tocchi fare nulla. È la mentalità che dobbiamo cambiare, prima di tutto il resto.
Stamattina ognuno di noi ha appreso una di quelle notizie che non vorremmo più dover trovarci di fronte. Il nostro Paese ha già subito il massimo del dolore e della sconfitta perdendo figure di cui sentiamo ancora oggi la mancanza. Mentre qualcuno in questi ultimi anni, però, si è azzardato a dire che la mafia si è calmata perchè di morti e di attentati non ne abbiamo più sentito gli enormi boati, molti altri sappiamo bene che quella calma è solo il risultato di quelle tre parola che tanti non osano dire: Trattativa Stato-Mafia.
Chi non ci sta, chi non ci crede, chi ha compreso benissimo che la mafia non si è calmata ma ha semplicemente cambiato i propri connotati, ramificandosi sempre più nel tessuto dei colletti bianchi, ha continuato a lavorare ogni giorno per rendere questo Paese un posto migliore. Parliamo del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Da oltre trent'anni sotto scorta, tra poco clamore mediatico e molto lavoro in silenzio quello che, alla fine, porta i risultati migliori.
È di stamattina la notizia di un possibile attentato che la 'ndrangheta starebbe organizzando contro Nicola Gratteri. Un attentato in grande stile, un patto tra clan, secondo le indagini. Si parla di armi da guerra pronte per attentare alla sua vita, di killer già assoldati e di frasi che dette da boss mafiosi diventano quasi inequivocabili, come «è un morto che cammina».
Le indagini recenti hanno portato a definire la situazione "una minaccia concreta" ai danni del magistrato. L'allarme è alto e molte delle precauzioni sono già state prese: più uomini di scorta, suv corazzati invece di semplici auto blindate, incontri pubblici annullati.
Alla fine di questa dura giornata, stracolma di notizie e informazioni, noi non siamo qua per ripubblicarle. Piuttosto, vogliamo fare una riflessione e parlarne. Ma parlarne davvero. Qualcuno potrebbe dire che parlare non serve, che tanto nulla può cambiare e che, non essendo noi minacciati in prima persona, la situazione "non ci riguarda". Invece non è così. La notizia ci riguarda perchè chi come Nicola Gratteri fa questo mestiere e, soprattutto, lo fa in questo modo, non lo fa per sé stesso ma per tutti noi. Per non ricommettere errori che sono stati fatti in passato è bene rendersene conto.
Ogni persona che ha perso la vita per mano mafiosa era stata lasciata sola, allontanata, gettata nell'indifferenza. Stavolta no. Stavolta non più. Non possiamo restare fermi ad aspettare che si ripetano situazioni che abbiamo già vissuto e che non abbiamo dimenticato.
Parliamone. Facciamo rumore. Urliamo se serve. Passeggiamo ogni giorno, di tutti i giorni, lì vicino dove c'è chi sta lottando e chi sta mettendo da parte la paura per trovare ancora il coraggio di non cedere. Facciamo capire alla mafia che, stavolta, non potrà prendersela con uno soltanto perchè, dietro di lui, a coprirgli le spalle ci siamo tutti noi.
Giulia Tolace
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